Torna a "UFFICIO STAMPA"

Sicurezza sul lavoro: la formazione fa la differenza.

 

L’Assemblea Regionale di Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e Delegati sindacali si è riunita l’8 maggio nella sala Valente del Tribunale Civile di Milano.

 

Di seguito la relazione di Giulio Fossati Segretario Cgil Lombardia.

La formazione strumento fondamentale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute sul lavoro
Dalla lettura dei dati INAIL evinciamo che il modello di sviluppo lombardo è un modello che negli anni dal 2018 al 2022 ha prodotto una media annuale di 78.938 infortuni accertati e 118.740 infortuni denunciati. È un modello che ha prodotto una media annuale di 226 infortuni mortali, 196 se eliminiamo il 2020 anno del COVID.
Numeri a cui bisogna aggiungere le malattie Professionali. Sempre analizzando i dati INAIL, parliamo delle tabelle regionali con cadenza semestrale di Regione Lombardia Blocco 1, in 5 anni abbiamo una media annuale di 1053 malattie professionali riconosciute.
Non ho trovato parole diverse per descrivere la sofferenza che i lavoratori e le lavoratrici provano nell’andare al lavoro, in Lombardia come in tutta Italia, se non quelle che Bruno Giordano, magistrato che si è occupato di processi sulla sicurezza del lavoro, ha utilizzato per definire queste morti: “Crimine di Pace”. Tali parole sono sulla copertina del libro “MORIRE DI LAVORO – LE STORIE DIETRO I NUMERI DI UNA TRAGEDIA ITALIANA”, di Marco Patucchi.

Un’affermazione dura che prova a rappresentare l’enormità dell’ingiustizia che quotidianamente si ripete. E se proviamo ad immaginare che dietro questi numeri ci sono uomini e donne, madri e padri, figlie e figli, l’indignazione è tale che è assolutamente comprensibile, cosa il dr. Giordano, voglia consegnarci con quelle tre parole: “Crimine di Pace”.
Come è comprensibile l’amarezza con cui lo stesso Magistrato afferma: “È riduttivo affermare che il lavoro uccide innanzitutto per il dio profitto, considerandolo valore superiore alla vita, alla salute, alla dignità umana. Il lavoro uccide perché tutti noi” – lui afferma – “non facciamo il nostro dovere”.
Dovremmo sentire forti e pressanti questi ammonimenti, come il richiamo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a tutte le Istituzioni, a tutti i corpi intermedi del nostro paese, a tutti quelli che hanno la possibilità di influire sulla condizione del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori.
Perché quelli che andiamo snocciolando di anno in anno, non sono numeri accettabili per un paese che si reputa civile, per una Repubblica fondata sul lavoro e che deve promuovere la salute dei suoi cittadini negli ambienti di vita e di lavoro.

Perché dietro ad ognuna di quelle storie di sofferenza, non solo di singoli lavoratori e lavoratrici, ma di intere famiglie, c’è la mancata valutazione dei rischi, la mancata osservanza di leggi e di norme. C’è la precarietà e rapporti di lavoro troppo brevi, c’è la mancanza di professionalità, c’è l’eccessiva confidenza e la mancanza di consapevolezza dei pericoli, c’è l’appalto ed il sub appalto e il sub appalto a cascata, c’è l’avidità e la fretta che arriva sino alla manomissione dei macchinari. C’è il lavoro nero, lo sfruttamento, c’è l’indifferenza, c’è la mancata vigilanza, c’è la mancata formazione.
Tutti punti che andrebbero approfonditi ma che per mancanza di tempo non vengono sviluppati in questa relazione.
Punti però, che la politica dovrebbe affrontare e risolvere. Ad esempio, Regione Lombardia per un settore colpito da un numero elevatissimo di infortuni gravi, mortali e da malattie professionali come quello delle costruzioni, nel proseguire il confronto con le categorie delle costruzioni di CGIL CISL UIL, dovrebbe farsi promotrice nei confronti del Governo nazionale di una proposta legislativa per introdurre il “badge di cantiere”, che consentirebbe di verificare l’effettivo orario di lavoro dei lavoratori e delle aziende, i lavoratori presenti sul cantiere, se questi hanno svolto la formazione obbligatoria preventiva per contrastare le forme di sfruttamento e caporalato.

Perché dietro ognuna di quelle persone che si è ammalata, si è ferita o è morta di lavoro, c’è una carenza normativa, una prassi, una abitudine che se modificata avrebbe potuto tutelargli la salute o salvargli la vita.
Allora dobbiamo approfondire la statistica ed entrare meglio nei numeri che INAIL ci fornisce, e oggi lo faremo con il dr De Merich, attraverso il metodo INFORMO vedremo cosa effettivamente c’è dietro i numeri di questa continua mattanza, che condanna senza via di fuga il nostro modello produttivo.
Un modello produttivo e di sviluppo assistito e vigilato dall’ Ispettorato del Lavoro, dalle ATS e dagli PSAL. Queste ultime però vedono il loro personale ridursi in continuazione, perdendo professionalità e specializzazione. Secondo i dati in nostro possesso, il personale è passato da 617 unità a tempo pieno equivalenti del 2017 a 435 nel 2022. Fa riflettere il dato che ci mettono a disposizione i Rapporti di Coordinamento delle Regioni sulle attività dei servizi PSAL che ci dicono che in Lombardia nel 2010 il numero di operatori, esclusi gli operatori amministrativi, era di 993.
Numeri pesantissimi, o meglio vuoti pesantissimi, determinati da scelte politiche che spaziano dal modello sanitario a quello formativo e universitario. Numeri che rivendicano la piena attuazione della Delibera di Giunta Regionale 438 che dispone l’utilizzo delle risorse economiche necessarie al potenziamento del personale degli PSAL. Circa 22 Milioni di euro che arrivano dalla ripartizione dei proventi derivanti da sanzioni irrogate alle imprese per violazione delle norme a tutela della salute e della sicurezza.

È evidente che non potremo mai avere un ispettore per ogni azienda, ma i dati che ci forniscono l’Ispettorato del Lavoro e le ATS in merito alle violazioni ci fanno ben comprendere che il presidio del territorio da parte degli Enti Ispettivi è un forte deterrente contro le violazioni delle norme, di controllo dei modelli di protezione, prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, di contrasto alla concorrenza sleale di aziende che non rispettano le regole.
Secondo il D.lgs. 81/08 ogni azienda deve dotarsi di un sistema di vigilanza aziendale sotto la responsabilità del datore di lavoro. Il sistema è duplice: quello che individua la linea gerarchica, Datore di Lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori e quella che costruisce la linea funzionale DL, RSPP, Medico Competente, RLS o RLST. Vogliamo sottolineare che quando la vigilanza aziendale funziona in entrambe le due linee, quella gerarchica e quella funzionale, rappresenta l’esempio di gestione più efficace e virtuoso.
Da parte nostra, come CGIL CISL UIL, nei luoghi di lavoro dove abbiamo rappresentanza, abbiamo le nostre antenne, i nostri delegati e le nostre delegate, i nostri Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, gli RLS e gli RLST. Figura istituzionalizzata dal D.lgs. 81/08 della quale però non abbiamo una mappa dettagliata, che attraverso la Cabina di Regia dovremmo chiedere ad INAIL Nazionale.
Oggi abbiamo una folta rappresentanza di RLS ed RLST qui in platea, a loro va il nostro ringraziamento più sincero, perché ogni giorno ci mettono la testa, il fegato e la faccia.
Abbiamo la necessità di creare sinergia e collaborazione tra gli enti ispettivi, ATS e Ispettorato del Lavoro, con i nostri RLS, RLST. Sono loro a conoscere i luoghi di lavoro e le lavorazioni. La stessa sinergia va costruita e creata con le nostre categorie e le nostre Confederazioni.

Come Sindacato Confederale dobbiamo fornire loro la migliore formazione e le migliori competenze. Agli RLS e RLST chiediamo la massima autorevolezza nel loro compito di Rappresentare i lavoratori nel processo di Valutazione dei Rischi, perché anche e soprattutto dal documento di valutazione dei rischi passa il modello di tutela della salute in azienda.
Per garantire autorevolezza alla figura del RLS e del RLST e per consentire di esercitare al meglio il proprio ruolo all’interno del sistema di gestione aziendale, non solo i datori di lavoro, anche gli Enti di Vigilanza devono riconoscere effettivamente il ruolo degli RLS e gli RLST. Garantendo quanto sancito dall’articolo 50 del D.lgs. 81/08 in particolare il comma F), che dice che Il RLS “riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza” e del comma I) che stabilisce che il RLS “formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito” e consegnando loro, in maniera sistematica, i verbali di sopralluogo e gli eventuali verbali di ispezione e prescrizione, con la pulizia di dati che possano violare la privacy.
Le misure che maggiormente promuovono la prevenzione in materia di salute e sicurezza e incrementano la cultura della sicurezza e dei lavoratori sono l’informazione, la formazione e l’addestramento.

Secondo la definizione del D.lgs. 81/2008, la formazione è l’elemento che mette in relazione l’informazione con l’addestramento. Cioè è quel percorso di crescita culturale e di sviluppo delle competenze che permette “lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda, con l’identificazione, la riduzione e la gestione dei rischi”.
L’Accordo Stato Regioni e le circolari regionali indicano come ottemperare all’obbligo formativo, per questo riteniamo necessario che venga completata la revisione e il lavoro di accorpamento degli accordi stato-regioni sulla formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che erano previsti per il 30 giugno 2022.
L’informazione, la formazione, l’addestramento e la verifica sul luogo di lavoro delle competenze apprese sul tema della salute e sicurezza sul lavoro sono e devono diventare diritti fondamentali esigibili da ogni lavoratrice e ogni lavoratore. Questo è possibile solo attraverso un reale ed esigibile libretto formativo, come previsto dal D.lgs. 81/2008 art. 37.

Dalle verifiche e i controlli effettuati dalle ATS, durante gli accertamenti sulle cause di infortunio particolarmente drammatici, emergono palesi violazioni, inosservanze e inefficacia della presunta formazione erogata.
Per questo chiediamo di rendere più stringente il sistema di accreditamento degli enti formatori in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro. Riteniamo che bisognerebbe prevedere un accreditamento specifico all’interno dell’attuale Sistema di accreditamento ordinario di Regione Lombardia, che espliciti, con chiarezza inequivocabile, regole e modalità di erogazione, tracciabilità, controllo e verifica, conformi e applicabili alle specificità della materia, spesso non compatibili con requisiti e criteri validi per l’interezza degli accreditati ai servizi di formazione e lavoro inseriti nella sez. A e B di Regione Lombardia.
Riteniamo che vada rafforzata la collaborazione e la sinergia tra la Direzione Generale Welfare e la Direzione Generale Istruzione, Formazione e Lavoro, per riuscire a colpire con la sospensione dell’accreditamento di Regione Lombardia, gli operatori erogatori di formazione accreditati, in presenza di verbali dell’Autorità Giudiziaria con indicazione di violazioni, abusi e illegalità, sull’intero percorso formativo, dall’erogazione all’attestazione o certificazione.

Riteniamo molto importante la restituzione nell’ambito della Cabina di regia del numero e dei controlli effettuati e delle sanzioni erogate.
Tra le proposte di revisione dei sistemi di accreditamento e un intervento in ambito di conferenza Stato Regioni, sarebbero da inserire:
• verifica dell’efficacia e qualità della formazione erogata;
• Lavorare per un registro di qualità, o una black list, degli Enti di formazione;
• prevedere vincoli e tracciabilità anche a soggetti che non hanno l’obbligo di accreditamento “ope legis”, del repertorio nazionale, al fine di consentire il controllo ed il governo dell’intera offerta formativa.

Dato l’alto valore intrinseco della formazione dei lavoratori, nel miglioramento continuo dei modelli di gestione aziendali, il sistema regionale degli PSAL dovrebbe assolvere al compito di Assistere, supportare e vigilare in particolar modo le piccole e piccolissime imprese, nell’attuazione dell’obbligo formativo. Per questo riteniamo indispensabile, e proponiamo al Comitato ex art. 7 regionale e alla Cabina di Regia, di prevedere nel prossimo Piano Regionale di Prevenzione un Piano Mirato sulla Formazione.
Oltre a dare precise indicazioni e orientare la vigilanza delle ATS, non solo nei casi di infortunio e denuncia di malattia professionale, verso la formazione dei lavoratori e verso la vigilanza aziendale.
Chiediamo a Regione Lombardia di elaborare tali proposte, mettendo in atto gli opportuni adempimenti e superando le attuali criticità, prevedendo l’apertura di un Tavolo di discussione specifico e interassessorile.
La formazione, quindi, deve diventare uno strumento nelle disponibilità dei lavoratori, che affiancato all’informazione e all’addestramento, deve portare a promuovere sistemi di vigilanza aziendali volti alla protezione, prevenzione e tutela della salute, efficaci e maturi. Per fare questo la formazione deve sempre avere come riferimento il luogo di lavoro dove si opera, fornendo conoscenza e competenze specifiche individuali e collettive.

Per questo ribadiamo la nostra contrarietà alla formazione e-learning online generalizzata e alla riduzione delle ore di formazione specifica.
Il lavoratore soggetto attivo per l’efficacia del DVR e per la gestione dei rischi per la tutela della salute e la sicurezza del proprio lavoro
Il DVR in molte realtà produttive purtroppo è redatto principalmente per ottemperare al dettato normativo del D.Lgs 81/08 e, conseguentemente, viene “utilizzato” solo in occasione delle visite di controllo degli operatori dei Servizi Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) delle ATS o in occasione degli eventi negativi che occorrono: incidenti, infortuni, malattie professionali.
Il DVR, invece deve essere lo strumento principe, da cui partire in quanto:
1. individua i pericoli per la salute e la sicurezza sia delle mansioni proprie del lavoratore che del luogo di lavoro;
2. indica le misure di protezione e di prevenzione da adottare per la mansione lavorativa e nel luogo di lavoro, necessarie per gestire i pericoli individuati al fine di contenerli in un livello di rischio residuo accettabile, in fascia verde;
3. si aggiorna annualmente nel corso della riunione periodica dove sono, tra l’altro, indicati i programmi di miglioramento e le eventuali modifiche del ciclo lavorativo.
4. deve prevedere il contributo e la partecipazione dei lavoratori attraverso la consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza (RLS o RLST), in quanto non può essere il solo datore di lavoro a decidere il livello di rischio sancito nel Documento di Valutazione dei Rischi;

La proposta che sottoponiamo a Regione Lombardia punta al coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dei pericoli, individuali e collettivi e consiste nell’individuare gli strumenti più opportuni per fornire ai lavoratori la conoscenza puntuale dei rischi, attraverso una corretta informazione, formazione e addestramento, nonché la corretta e accessibile certificazione delle attività svolte.
Si propone di rendere partecipato, vitale e non meramente burocratico l’utilizzo del DVR, strumento fondamentale e centrale nella tutela della salute dei lavoratori, nella consapevolezza che questo può essere un modo con cui incrementare la cultura della sicurezza e con molta probabilità potranno ridursi gli infortuni e le malattie professionali.
Riteniamo che tale proposta si possa collocare nell’ambito del proprio potere legislativo regionale e/o nella attività di indirizzo delle ATS, rispetto la programmazione, la vigilanza e l’assistenza, nei luoghi di lavoro.
Allo scopo di adempiere al meglio alla corretta informazione e formazione dei lavoratori e delle lavoratrici bisogna:
1. prevedere la consegna a ciascun lavoratore l’estratto del DVR relativo ai pericoli per la salute e la sicurezza specifici della propria mansione e generali del luogo di lavoro;
2. prevedere l’illustrazione dell’estratto del DVR da parte del preposto, coadiuvato da RSPP, in un incontro coi lavoratori che effettuano la medesima mansione lavorativa, il così detto gruppo omogeneo di lavoratori;
3. prevedere incontri annuali del preposto, coadiuvato dal RSPP, con il proprio gruppo omogeneo di lavoratori per condividere le azioni di miglioramento e conoscere le eventuali modifiche del ciclo lavorativo. Questi incontri potranno contribuire a rafforzare il compito di vigilanza aziendale sul corretto utilizzo delle misure di protezione e prevenzione del preposto stesso e dei lavoratori. La consegna dell’estratto del DVR, la sua illustrazione e l’incontro annuale potranno entrare a pieno titolo nel piano informativo e formativo aziendale;
4. prevedere che le modalità di illustrazione e di consegna dell’estratto del DVR ai lavoratori e le modalità di tenuta degli incontri previsti nei punti citati in precedenza, siano discussi e concordati con gli RLS, che come previsto dall’art. 50 D.lgs. 81/08 in cui è sancito che il RLS deve essere consultato per la valutazione dei rischi e in merito all’attività formativa;
5. come previsto del D.lgs. 81/08 bisogna rendere effettiva la messa a disposizione di tutti i lavoratori del libretto formativo del lavoratore, in formato elettronico, che attesti tutta la formazione effettuata (il cosiddetto digital badge).
Proponiamo. Inoltre, di consentire esclusivamente a Enti accreditati e quindi sottoposti alle regole per dell’accreditamento, l’inserimento tracciato dell’attestazione, certificazione della formazione effettuata, sia essa obbligatoria o aggiuntiva, evitando che questo possa avvenire da parte di singoli formatori tramite Associazioni “di comodo”;
Tale pratica sperimentalmente è prevista all’interno dell’Ambito d’intervento 2 Formazione Continua, Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro prevista nell’Avviso Pubblico per i Patti territoriali per le competenze e l’occupazione di Regione Lombardia;
6. prevedere, almeno nei settori sottoposti a maggior rischio infortunistico, la formazione sul lavoro (on the job), che sappiamo essere essenziale ai fini della prevenzione;
7. continuare il confronto con le categorie delle costruzioni (FILLEA, FILCA, FENEAL) e farsi promotrice nei confronti del Governo nazionale di una proposta legislativa per introdurre il “badge di cantiere”.
Sono arrivato alla conclusione della relazione introduttiva della nostra iniziativa di oggi e vorrei ringraziare la Commissione d’inchiesta Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in Lombardia per il coinvolgimento del Sindacato Confederale nelle audizioni fatte, auspicando in una conclusione davvero utile per la tutela della salute e della Sicurezza nei luoghi di lavoro. Nel ringraziare anche chi oggi è intervenuto e interverrà e chi oggi è qui presente, vorrei invitarvi a fare quotidianamente quello che Bruno Giordano ci ha spronato a fare, e cioè: “a fare il nostro dovere”.

Che, non è solo il rispetto delle norme e delle leggi ma è provare ad andare oltre, è fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità e capacità, con l’impegno e lo studio, per fare in modo che andando a lavorare non ci si ammali più, non ci si ferisca più e non si muoia più.
Vorremmo dedicare questa relazione e lo sforzo di miglioramento in essa contenuta ai tanti morti e ai feriti in Italia e in Lombardia. In maniera particolare vorremmo dedicarla ai cinque morti sul lavoro di lunedì 6 maggio u.s. a Casteldaccia (PA), al lavoratore in terapia intensiva e alle loro famiglie.

Epifanio 71 anni, Giuseppe, Roberto, Ignazio, Domenico, Giuseppe 26 anni.
Se mettiamo in fila gli ultimi infortuni plurimortali arriviamo a 22 morti in quattro eventi: Brandizzo, Firenze, Suviana, Casteldaccia. Riteniamo che non basti più neanche la giustizia, per quelle volte che arriva a compimento. Non ci bastano più i proclami e i bei discorsi contornati da fragorosi applausi, serve agire e tutelare i lavoratori altrimenti ancora una volta ci ammaleremo, ci feriremo e moriremo.
Buon lavoro a tutte e tutti.