Rifugiati, Cgil Lombardia: c’è ancora molto da fare
Milano, 19 giugno 2021 – La Giornata internazionale per il Rifugiato che cade domani ci richiama l’obbligo di fermarci per fare il punto rispetto alla situazione della tutela delle persone che chiedono protezione internazionale e al loro inserimento nelle società di arrivo.
Gli ultimi dati ci dicono che le persone sbarcate sulle coste italiane sono aumentate. Sono migranti forzati provenienti da paesi attraversati per lo più da situazioni politiche, sociali ed economiche alquanto critiche e dove i diritti fondamentali dell’uomo vengono spesso violati.
Gli accessi via terra sono altrettanto rischiosi: i migranti bloccati alle frontiere orientali che risalgono la rotta balcanica continuano ad essere vittime di soprusi e vessazioni non solo da parte dei trafficanti ma anche delle polizie di frontiera.
In entrambi i casi i numeri degli arrivi sarebbero comunque gestibili; ciononostante continuano a trasformarsi in drammi e in emergenze, perché prevalgono scelte securitarie che non fanno i conti con la porosità di fatto dei confini e con i fattori di spinta alla emigrazione.
Il Mediterraneo è grande cimitero: dall’inizio dell’anno, secondo i dati UNHCR (Alto commissariato Onu per i rifugiati) sono oltre 700 i morti e i dispersi. I salvataggi delle ONG sono ridotti al minimo perché molte delle loro imbarcazioni sono in stato di fermo. Mancati soccorsi, respingimenti o trasferimenti forzati nei paesi di partenza, dove la sicurezza e la tutela dei diritti umani non sono minimamente garantiti, non sono strumenti di governo della immigrazione ma semplicemente scelte ciniche di contenimento a breve termine.
L’Italia e l’Unione europea sono chiamate a realizzare nel Mediterraneo e lungo la rotta balcanica azioni concrete perché la vita delle persone venga messa in sicurezza e per sottrarre il terreno ai trafficanti. Le esperienze dei corridoi umanitari mostrano che è possibile per le persone in fuga arrivare nell’Unione europea in modo sicuro.
Inoltre, se il decreto Lamorgese ha invertito la rotta delle politiche nefaste introdotte dai Decreti sicurezza, introducendo significative novità in modo particolare per ciò che concerne le forme di protezione che riconducono all’asilo umanitario e le modalità di accoglienza, non dobbiamo dimenticare che troppo spesso i richiedenti asilo trovano impiego in settori di lavoro dove lo sfruttamento si realizza grazie alla soggezione derivante dalla condizione di precarietà del soggiorno in Italia che queste persone vivono nel corso della procedura di riconoscimento. Le indagini giudiziarie e l’esperienza dei nostri uffici confermano quanto queste situazioni siano diffuse nel delivery, nella logistica, nell’agricoltura, nell’edilizia e nel terziario. La regolarizzazione dello scorso anno rischia di lasciare scoperta la posizione di molti migranti che vivono in Italia e che lavoravano irregolarmente. Le politiche dell’asilo e la normativa che le sottendono devono misurarsi con questi aspetti, pena la realizzazione di sacche di emarginazione che non potranno essere recuperate utilizzando misure bandiera come il trattenimento nei CPR di chi è destinatario di espulsioni per la mancanza del permesso di soggiorno.
Tra pochi giorni ricorrerà il 70esimo anniversario dell’adozione della Convezione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati. Lo celebriamo chiedendo che le politiche nazionali ed europee affrontino le sfide della accoglienza e della convivenza liberandosi da veti e condizionamenti politici. Gli esseri umani, infatti, continueranno a muoversi alla ricerca di sicurezza e opportunità perché è quello che da sempre hanno fatto.