Pazienti cronici in Lombardia: nuove modalità di presa in carico e vecchi problemi

in Welfare e Sanità

In questi giorni in ogni Agenzia di Tutela della Salute si sono definiti gli elenchi delle strutture sanitarie e sociosanitarie che potranno  realizzare la presa in carico dei pazienti cronici in Lombardia. Di cosa si tratta? È un modello di gestione della cronicità  che Regione Lombardia ha deciso di adottare per ricomporre in un percorso assistenziale individuale unico, integrato e programmato l’insieme degli interventi e delle prestazioni di cui questi  pazienti hanno bisogno e che oggi vengono svolti in modo frammentato. Dietro il motto “dalla cura al prendersi cura”, che sicuramente rappresenta un obiettivo da perseguire per migliorare il rapporto fra questi pazienti e il sistema sociosanitario lombardo di cui rappresentano il 70% della domanda, il modello che si sta costruendo presenta però non pochi elementi di incertezza e di rischio. Ed è questo il motivo per cui Cgil Cisl e Uil, insieme alle categorie della Funzione Pubblica e del Sindacato Pensionati, sia a livello regionale che in ogni singolo comprensorio, seguono con costanza questo mutamento attraverso un confronto con l’Assessorato al Welfare da un lato e con le singole ATS dall’altro.

Quello scelto da Regione Lombardia è un modello dall’aspetto molto aperto: i pazienti sono liberi di sceglierlo oppure no, i Medici di Medicina Generale sono liberi di esserne coinvolti oppure no, le strutture ospedaliere pubbliche o private accreditate e a contratto erano libere di candidarsi oppure no a svolgere il ruolo di “gestore”, a cui compete la responsabilità di prendere in carico i pazienti che lo desiderano e di garantire per intero tutte le prestazioni che i singoli piani di assistenza individuali richiederanno. Un modello così aperto, però, da rischiare una governance troppo leggera rispetto alle spinte voraci del mercato. Un modello che fa nascere diverse legittime preoccupazioni sulle quali stiamo da molti mesi lavorando: l’effetto che queste scelte avranno sulla concorrenza  fra strutture pubbliche e private, la relazione fra la programmazione pubblica e l’erogazione delle prestazioni, la valutazione della appropriatezza  delle cure rispetto all’obiettivo della loro efficacia, cioè rendere compatibile la cronicità con l’allungamento della vita in condizioni di autonomia dei pazienti. E, infine, si tratta di verificare se questo modello sia adeguato a dare risposta al bisogno di cure intermedie con strutture diffuse, vicine al territorio, organizzate con una logica di integrazione fra le prestazioni di natura sanitaria, sociosanitaria e assistenziale. Sappiamo che tutte le Aziende Socio Sanitarie Territoriali della regione si sono candidate a svolgere questo ruolo. Questo per noi è un bene,  anche a garanzia di un presidio uniforme su tutta la Lombardia. Ma per realizzare una rete pubblica di strutture di prossimità non basterà la buona volontà, serviranno investimenti , risorse, personale dedicato; e servirà una progettualità che oggi non c’è e che non vogliamo lasci campo aperto all’iniziativa del mercato.  Da ultimo, chiediamo a Regione Lombardia che sia risolto il conflitto con una parte dei medici di base, perché quando i cittadini della Lombardia dovranno scegliere possano farlo sicuri che il medico di base mantenga il proprio rapporto con il paziente, che  il sistema delle cure primarie sia integrato in questo modello e la medicina di base innovi le proprie modalità organizzative secondo la logica delle Aggregazioni Funzionali Territoriali.

CGIL Lombardia, SPI CGIL Lombardia, FP CGIL Lombardia