I sindacati ricorrono al Consiglio di Stato contro la decisione del TAR della Lombardia in merito al progetto GETIS

in Europa e Mondo, UFFICIO STAMPA

 

Nel 2020 il progetto GETIS (Governance dell’economia transfrontaliera: un’iniziativa di sistema sul lavoro frontaliero che ha coinvolto oltre quattordici soggetti tra pubblici e privati per un valore di oltre 1,3 ML€ lungo tutta la frontiera da Verbania a Bolzano) veniva respinto dall’Autorità di Gestione (AdG) presso Regione Lombardia perché “in contrasto con la Costituzione elvetica”. Una motivazione abnorme che ci ha costretti al ricorso al TAR della Lombardia e che, a nostro avviso, nasconde la vera questione sensibile: i frontalieri, argomento ancora scomodo nel dibattito pubblico del Canton Ticino, malgrado la respinta (nel settembre scorso) dell’ennesima proposta referendaria «Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)», volta a limitare la libera circolazione  e malgrado il contributo, la competenza e l’abnegazione dei nostri concittadini, vitali per quell’economia.

Una decisione quella dell’AdG che, tra le altre motivazioni, sosteneva che le proposte del progetto presentate per la formazione e l’informazione di lavoratori ed imprese, favorissero il dumping salariale, limitassero le opportunità di lavoro per gli svizzeri, negassero le determinazioni nazionali scaturite a seguito del referendum del “prima i nostri” del 2015 (quello tristemente noto per gli italiani raffigurati come topi nel formaggio). Una decisione, a nostro giudizio in palese violazione dei principi della libera circolazione, della Costituzione italiana e dei principi fondativi della UE giacché, stante il parere di AdG (condiviso dai giudici amministrativi di primo grado, che con l’odierno ricorso intendiamo contestare) l’unica possibilità che avrebbe avuto il progetto GETIS di superare la selezione consisteva nell’introdurre nel progetto elementi discriminatori nei confronti dei lavoratori italiani a tutto vantaggio degli svizzeri. Solo così sarebbe stato possibile aderire alla cd politica del “prima i nostri” promossa dal Canton Ticino.

Tuttavia il 27 aprile scorso, la terza sezione del TAR della Lombardia, al quale in prima battuta ci eravamo rivolti contestando la decisione dell’AdG,  ha respinto il nostro ricorso con motivazioni che lasciano esterrefatti e che, pur con il rispetto dovuto all’ Istituzione giudicante, riteniamo del tutto infondate giacché la sentenza, definendo  in modo improprio il progetto di cooperazione, finisce con innestare  un pericoloso precedente ove considera alla stregua di un trattato internazionale un normale bando di partenariato internazionale giungendo (erroneamente) a riconoscere un (inesistente) diritto di veto ad una delle parti in causa sancendo di fatto, l’insindacabilità dello stesso.

A nostro giudizio il TAR della Lombardia ha : 1) Ingiustamente affermato che le censure sollevate dalle organizzazioni Sindacali circa le compatibilità del progetto alle politiche svizzere non possano essere rimesse alle autorità italiane, le quali dovrebbero limitarsi a prendere atto del veto elvetico pur non condividendolo. Si sottolinea, a tale proposito, che i provvedimenti impugnati riguardano l’assegnazione di fondi dell’Unione Europea, rispetto ai quali l’Italia è obbligata al rispetto della disciplina europea, ed è obbligata ad esercitare il controllo giurisdizionale sulle decisioni amministrative.; 2) Ritenuto che non spetterebbe al Giudice italiano valutare la decisione delle autorità elvetiche ignorando che, non solo il Giudice ha sempre il potere se non il dovere di valutare il diritto straniero quanto sia tenuto a farne applicazione (nonché di valutarne la compatibilità di qualsiasi norma con la Costituzione italiana ed il diritto europeo) ma che oggetto dell’impugnazione non erano «decision[i] assunt[e] dalle autorità elvetiche», bensì provvedimenti amministrativi assunti da amministrazioni italiane, sulle quali è pacifico che la giurisdizione spetti proprio al giudice amministrativo italiano; 3) Sostenuto che non sussisterebbero vizi procedimentali perché la decisione di compatibilità era da prendersi nella fase preliminare, omettendo di considerare che la decisione impugnata è in realtà una decisione di merito.

In opposizione a tale ordinanza, e per il ripristino dei nobili obiettivi della progettualità internazionale in termini di: formazione del personale nel mercato del lavoro, implementazioni delle buone prassi tra gli Enti dei due paesi, istituzione di canali d’informazione sulle condizioni di lavoro e cittadinanza, le OO.SS. hanno adito in data odierna al Consiglio di Stato (con contestuale notifica anche alla Commissione Europea, competente al fine di rilevare l’infrazione e attivarsi per il recupero degli aiuti di stato) per il ripristino del corretto utilizzo dei fondi di provenienza comunitaria così da vedere correttamente rappresentati gli interessi dei lavoratori frontalieri e, indirettamente, dello Stato Italiano (co-finanziatore dei progetti di Cooperazione europei).