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Aborto farmacologico senza ricovero: la CGIL sostiene la campagna

Garantire il pieno diritto di scegliere come interrompere una gravidanza, anche in modalità farmacologica e senza ricovero ospedaliero, è l’obiettivo della campagna “Aborto senza ricovero” promossa dall’Associazione Luca Coscioni. La CGIL, insieme alla UIL, ha deciso di aderire e promuovere questa iniziativa che mira a superare gli ostacoli, spesso ideologici e non sanitari, che ancora oggi limitano l’applicazione uniforme della legge 194/1978 su tutto il territorio nazionale.

Dal 2020, le linee guida del Ministero della Salute permettono l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) farmacologica nei consultori e negli ambulatori, con la possibilità di assumere la seconda pillola anche a casa. Una scelta che rappresenta una forma di tutela della salute psico-fisica di donne e persone che possono restare incinte, evitando ricoveri inutili e garantendo un maggiore rispetto per l’autodeterminazione.

Eppure, a cinque anni dall’adozione di queste linee guida, solo due Regioni – Lazio ed Emilia-Romagna – le applicano pienamente. In tutte le altre, compresa la Lombardia, chi ha diritto all’IVG è costretto a percorsi più complessi, spesso ostacolati dall’obiezione di coscienza o da interpretazioni restrittive delle normative. Una situazione inaccettabile, che rischia di aumentare la sofferenza, la marginalizzazione e l’esposizione a violenza ostetrica e psicologica.

La campagna lanciata dall’Associazione Luca Coscioni ha l’obiettivo di portare direttamente ai Consigli regionali una petizione popolare per chiedere l’adozione di procedure chiare e uniformi che rendano realmente accessibile l’aborto farmacologico senza ricovero. La CGIL sostiene con convinzione questa battaglia per i diritti e invita tutte e tutti a firmare la petizione, promuoverla sui territori e condividerla tra le strutture e le persone interessate.

✍🏻 Qui il link per firmare: https://shorturl.at/4fysx

È tempo di garantire non solo il diritto all’aborto, ma anche la possibilità concreta di esercitarlo in modo sicuro, dignitoso, rispettoso della salute e delle scelte di donne e persone che possono restare incinte. Il diritto alla salute e all’autodeterminazione non può dipendere dal luogo in cui si vive né essere condizionato da convinzioni ideologiche o politiche.