A fianco dei lavoratori precari di cui le aziende sanitarie lombarde non possono fare a meno
Il TAR della Lombardia ha accolto il ricorso presentato da Adecco, Manpower, Gi Group e Randstad contro il bando della ASST Niguarda per un appalto di lavoro in somministrazione presso numerose strutture sanitarie e contro l’accordo sindacale del marzo 2017 con cui, insieme a Regione Lombardia, le Organizzazioni Sindacali avevano definito le condizioni di tutela della continuità di occupazione di oltre 700 lavoratori e lavoratrici.
La sentenza ha ritenuto incompatibile con la libertà di organizzazione d’impresa la clausola sociale e l’impegno per le aziende di somministrazione ad assumere a tempo indeterminato le persone da impiegare presso gli ospedali.
Un pronunciamento di merito che non si misura con le condizioni di questi appalti: da anni seguiamo la vicenda di lavoratrici e lavoratori che, a causa delle norme sulla riduzione dei costi per il personale, non vengono assunti dalle strutture ospedaliere che li impiegano, ma con contratti a termine dalle società di somministrazione che si aggiudicano gli appalti.
Alla scadenza dell’appalto scadono i contratti di lavoro e ogni volta le persone rischiano automaticamente la disoccupazione, mentre gli ospedali rischiano di perdere operatori sanitari, infermieri o amministrativi della cui competenza c’è assoluto bisogno.
La prima intesa sindacale del 2012 provava a dare continuità di lavoro, superando l’abuso delle partite IVA e delle cooperative spurie a favore del rapporto di lavoro con le Agenzie per il Lavoro (allora interinale). Già a quel tempo operavano nelle strutture da oltre sette anni centinaia di lavoratrici e lavoratori, il 70% dei quali immigrati, con il permesso di soggiorno collegato alla durata del contratto e il rischio che la disoccupazione interrompesse anche la cittadinanza. Nel 2013, per la prima volta, un accordo sindacale firmato anche da una delle società che oggi ha fatto ricorso al TAR, prevedeva l’assunzione a tempo indeterminato.
Ora questo principio viene rimesso in discussione in nome della libertà d’impresa, senza tener conto della sostenibilità sociale di questa situazione.
L’assurdo è che le aziende della sanità pubblica non riescono a bandire concorsi per assumere, gli appalti per far fronte alle esigenze di personale durano anni e si susseguono nel tempo, la somministrazione è utilizzata ben oltre i termini previsti e le lavoratrici e i lavoratori sono intrappolati in impieghi precari.
Una sentenza come questa merita un’attenta valutazione, che ovviamente stiamo facendo; quello che è certo è che la CGIL e NIDIL CGIL della Lombardia saranno a fianco di queste lavoratrici e di questi lavoratori con tutte le possibili iniziative in difesa della loro dignità e dei loro diritti.