Tassa sulla salute ai frontalieri: CGIL, CISL e UIL pronti al ricorso
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre 2025 del decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, si apre una nuova e critica fase nella vicenda della cosiddetta tassa sulla salute a carico dei lavoratori frontalieri occupati in Svizzera.
Il provvedimento dà infatti mandato alle Regioni interessate – tra cui Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano – di procedere, tramite propri atti, all’attuazione della quota di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale introdotta con la Legge di Bilancio 2024 (articolo 1, commi 237 e seguenti).
Un prelievo contestato fin dall’inizio
La misura arriva a due anni dall’entrata in vigore della norma e dopo una lunga e forte opposizione delle organizzazioni sindacali dei frontalieri, che ne hanno più volte denunciato l’incoerenza giuridica e le gravi criticità applicative.
In particolare, la tassa colpisce anche i cosiddetti “vecchi frontalieri”, soggetti a tassazione esclusiva in Svizzera, in contrasto con il Trattato internazionale Italia-Svizzera del dicembre 2020 e con la legge di recepimento n. 83/2023, che avevano definito un nuovo equilibrio fiscale proprio per evitare fenomeni di doppia imposizione.
Quanto si paga e da quando
Il decreto non fissa direttamente l’importo del prelievo, demandando alle Regioni la definizione della quota annua di compartecipazione familiare. Viene però stabilito che la tassa dovrà collocarsi in una forbice compresa tra il 3% e il 6% del reddito netto, con criteri di progressività legati anche ai carichi familiari.
Sono inoltre previsti:
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un minimo di 30 euro e un massimo di 200 euro per ogni mese lavorato;
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la retroattività al 2024;
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il raddoppio delle sanzioni in caso di omesso pagamento o comunicazione.
Elementi che contribuiscono ad aumentare l’incertezza e il peso economico su migliaia di lavoratrici e lavoratori.
Destinazione delle risorse e nodi irrisolti
Il provvedimento conferma che il gettito sarà destinato in via prioritaria al personale sanitario delle aree di confine, attraverso l’incremento del trattamento accessorio, e in parte al finanziamento di servizi socio-sanitari e di non meglio precisati “modelli innovativi di welfare”.
Restano tuttavia numerosi nodi irrisolti:
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l’effettiva disponibilità dei dati necessari alle Regioni per applicare il prelievo;
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l’assenza di criteri chiari e omogenei tra territori;
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il rischio di creare forti disuguaglianze e concorrenza interna tra aree di confine soggette alla tassa e territori limitrofi che ne restano esclusi.
La posizione del sindacato: pronti al ricorso
Preso atto dell’indisponibilità del Governo a ritirare o modificare sostanzialmente il provvedimento – nonostante le richieste avanzate da CGIL, CISL e UIL nel corso degli ultimi mesi – le organizzazioni sindacali confermano quanto già annunciato.
Verrà promosso un ricorso presso l’Autorità giudiziaria, con l’obiettivo di adire la Corte Costituzionale, per verificare i profili di incostituzionalità della norma e contrastare il rischio concreto di doppia imposizione sui redditi da lavoro, in violazione dei principi OCSE e dello stesso accordo internazionale tra Italia e Svizzera.
La CGIL Lombardia continuerà a sostenere la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori frontalieri, rivendicando equità fiscale, certezza del diritto e il rispetto degli accordi internazionali, contro una misura ingiusta che scarica sui singoli il costo di scelte politiche sbagliate.