Tassa sulla salute: le assemblee frontaliere chiedono risposte

in Europa e Mondo, News

CGIL, CISL, UIL, UNIA, OCST, SYNA, VPOD e SYNDICOM: “Dopo venti mesi di stallo servono risposte concrete”

Si è concluso nei giorni scorsi il secondo ciclo di assemblee lungo tutto il confine italo-svizzero: dalla provincia di Varese a quella di Sondrio, passando per Como e Verbano Cusio Ossola. Centinaia di lavoratrici e lavoratori frontalieri hanno ribadito un messaggio chiaro: abolire definitivamente l’iniqua e inefficace tassa sulla salute, ripristinare le regole previste dalla legge 83/23 – entrata in vigore solo nel 2024 – e riaprire un confronto vero sui numerosi problemi ancora aperti all’interno del tavolo interministeriale ottenuto con l’accordo del 2020 e riunitosi un’unica volta, nel febbraio 2025.

Le assemblee hanno permesso alle organizzazioni sindacali italiane di illustrare nuovamente le proposte alternative già in campo, in particolare il welfare territoriale, ovvero la possibilità di finanziare il sistema sanitario locale attraverso una quota dei ristorni fiscali. Ristorni che, nel 2025, hanno raggiunto la cifra record di 128 milioni di euro. Tuttavia, nessuno dei percorsi indicati sino ad oggi ha trovato concretezza, lasciando migliaia di lavoratori in un limbo normativo e contributivo.

Uno stallo politico 

Le criticità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 e aggravate dalla finanziaria 2025 hanno di fatto bloccato ogni possibile avanzamento, anche nei rapporti con l’unica Regione che ha avviato un’interlocuzione: Regione Lombardia. Nessun segnale è invece arrivato da Piemonte, Alto Adige e Valle d’Aosta, territori anch’essi interessati dal tema.

In questa fase complessa, il sindacato italiano e quello svizzero hanno saputo mantenere una unità d’intenti importante, apprezzata dalle lavoratrici e dai lavoratori frontalieri. Proprio per questo, a venti mesi dall’inizio dello stallo, le organizzazioni sindacali ritengono che il tempo sia ormai scaduto.

Le richieste del sindacato

CGIL, CISL, UIL, UNIA, OCST, SYNA, VPOD e SYNDICOM chiedono:

  • l’avvio del ricorso alla Corte Costituzionale per dichiarare l’incostituzionalità della norma e abrogarne definitivamente gli effetti;

  • l’apertura di una vertenza legale per rendere esigibili i diritti previsti dall’accordo sindacale del 2020 – a partire dalla nuova Naspi – mai attuati;

  • un’assunzione di responsabilità da parte delle Regioni, che devono esprimersi in modo chiaro sulle proprie intenzioni;

  • la riattivazione del tavolo interministeriale a Roma, per affrontare finalmente tutte le questioni irrisolte e le criticità interpretative emerse dall’applicazione del trattato internazionale e del cosiddetto decreto omnibus per i lavoratori trans-cantonali.

“Siamo dalla parte giusta: quella dei lavoratori e delle lavoratrici di frontiera”

Il sindacato, italiano e svizzero, non intende rinunciare alla possibilità di un ripensamento in extremis da parte delle istituzioni. Ma, allo stesso tempo, ritiene indispensabile agire in ogni sede affinché – se non prevarrà la ragione – sia il diritto a farsi sentire.

Le organizzazioni firmatarie confermano dunque la volontà di proseguire con determinazione su entrambi i fronti: il dialogo politico e la tutela legale. Una scelta necessaria per difendere i diritti, la dignità e le condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori di frontiera.