Nuove norme del collegato lavoro: maggiore precarietà e meno diritti

Il 22 gennaio 2025 si è tenuto presso la sede della Cgil Lombardia a Milano un corso congiunto tra gli Uffici Vertenze della Cgil e Nidil Cgil, categoria che rappresenta chi lavora in somministrazione, per analizzare le norme contenute nel decreto Collegato Lavoro ed entrate in vigore il 12 gennaio 2025.
Lorena Panzeri, responsabile Nidil Cgil Lombardia, dichiara: “Ancora una volta, il governo è intervenuto senza alcun confronto con le parti sociali, adottando misure disorganiche e dannose che rischiano di aumentare la precarizzazione del lavoro”.
Le principali modifiche introdotte
Tra i temi affrontati, è emersa una profonda preoccupazione per il depotenziamento delle regole sulla somministrazione di lavoro e l’indebolimento della contrattazione collettiva.
In particolare:
Indebolimento dell’obbligo di causale: Per alcune categorie di lavoratrici e lavoratori (ad esempio, stagionali, o disoccupat*), sono state eliminate le percentuali e le causali per l’assunzione tramite agenzie a tempo indeterminato (staff leasing). Ciò potrebbe comportare un aumento significativo del personale precario nei luoghi di lavoro.
Durata complessiva dei contratti a termine: I periodi lavorativi per attività stagionali non verranno più conteggiati nel limite dei 24 mesi, come avviene anche per chi viene assunto in staff leasing. Sebbene queste condizioni possano essere regolate nei contratti collettivi nazionali futuri, per ora resta un vuoto normativo che alimenta l’incertezza.
Precarietà e temporaneità: La mancata recezione della Direttiva Europea 104/2008, che stabilisce la temporaneità come caratteristica fondamentale del lavoro somministrato, ha aperto la strada a situazioni di abuso, con contratti di lavoro “indeterminati” che si protraggono per anni. Questo ha già generato contenziosi e richieste d’intervento alla Corte di Giustizia Europea.
Requisiti per dimissioni e Naspi: l’assenza ingiustificata superiore al minimo contrattuale, o in mancanza superiore ai 16 giorni, dal luogo di lavoro viene inquadrata come dimissione per fatto concludente e non come licenziamento, causando quindi la perdita del diritto a ricevere la Naspi. Inoltre, si perde il diritto a ricevere la Naspi anche nel caso in cui si venisse licenziati nelle prime 13 settimane di lavoro, qualora nei 12 mesi precedenti si fosse intrapresa una procedura di dimissione volontaria o di risoluzione consensuale dall’impiego precedente e se il rapporto di lavoro interrotto era a tempo indeterminato.
La parità di trattamento: un diritto troppo spesso disatteso
Un altro tema centrale è quello della parità di trattamento, prevista sia dalle norme sia dal contratto collettivo della somministrazione. Tuttavia, in molti casi questo principio non viene applicato correttamente, costringendo lavoratrici e lavoratori a ricorrere alle vie legali per ottenere il rispetto dei propri diritti. Questo genera un danno significativo per loro, e un carico ulteriore per il sistema giudiziario.
La risposta della CGIL: contrattazione e referendum
“Di fronte a queste sfide – aggiunge Fabrizio Petroli, coordinatore degli uffici vertenze della Cgil Lombardia – è fondamentale rafforzare la conoscenza delle norme e promuovere la contrattazione collettiva per riequilibrare il rapporto tra la parte datoriale delle imprese e la parte delle lavoratrici e dei lavoratori. Quando questo non basta, la CGIL interviene anche per le vie giudiziarie”.
Parallelamente, è in corso una campagna referendaria che punta a restituire dignità al lavoro. La partecipazione popolare sarà determinante per contrastare le politiche che aumentano la precarietà e difendere i diritti di tutte le persone che lavorano
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