Le violazioni dei diritti umani in Egitto. Giulio Regeni e non solo

in UFFICIO STAMPA

Anche la Cgil  all’incontro organizzato dall’Ordine degli avvocati, Amnesty, Cospe, Aoi, Festival dei diritti umani

L’avvocata della famiglia Regeni Alessandra Ballerini

Ahmed Said, Alessandra Ballerini, Riccardo Noury, Ahmed Abdallah, Enrico Bertolino espongono lo striscione “Verità per Giulio Regeni”

Ibrahima Niane, segretario generale Fillea Cgil Brescia

Ahmed Said, al centro, racconta la sua storia

Danilo De Biasio (Festival dei diritti umani) e Fabio Laurenzi (Aoi – Cospe)

Una foto dell’artista egiziano Shawkan

Salone Valente

L’avvocato Massimo Audisio

 

In Egitto curare i feriti può essere considerato un reato. È successo ad Ahmed Said, medico e attivista, presente oggi all’incontro organizzato a Milano dall’Ordine degli avvocati e dalle associazioni  Amnesty International, Cospe, Festival dei diritti umani e Aoi. Al centro della discussione le violazioni dei diritti umani in Egitto. Protagonista il caso Giulio Regeni, ma non solo. Ahmed Said è stato torturato con botte, scosse elettriche, sigarette spente sul corpo, per aver prestato soccorso ai feriti durante gli scontri in piazza. Manifestare può costare 15, 20 anni di carcere. “La mia condanna è stata anche un atto di visibilità. Molti attivisti come me restano sconosciuti, moltissimi egiziani scompaiono. Quando le famiglie cercano i loro figli nei commissariati, la polizia sostiene di non avere i loro nomi in elenco”. Per il medico egiziano, Giulio Regeni ha permesso di scoperchiare la verità. “Giulio è uno di noi, è una persona che ha lottato per la nostra libertà, che ci ha aiutato ad essere visti con occhi diversi all’estero. Il mondo occidentale deve sapere che i paesi arabi usano la parola ‘stabilità’ per reprimere la società civile, e per ricevere finanziamenti”.

Attualmente sono oltre 40mila i prigionieri politici in Egitto, 464 gli attivisti scomparsi, 1676 casi di tortura, 267 le persone uccise dai poliziotti e 700 le sentenze di pena capitale. Nel Salone Valente oggi era presente anche Ahmed Abdullah, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione non governativa per i diritti umani che sta offrendo attività di consulenza ai legali della famiglia di Giulio Regeni. Abdullah è stato arrestato ad aprile 2016 con l’accusa di promozione del terrorismo. Dal palco del salone, visibilmente emozionato – ma pure il pubblico lo era – ha detto di essere felice di trovarsi a Milano. Non pensava sarebbe stato possibile. La scarcerazione risale a pochi mesi fa. Fabio Laurenzi, presidente di Cospe, ha sottolineato che in Egitto, dove sono destinati cospicui fondi per la cooperazione internazionale, non c’è più solo il contrasto al terrorismo ma “un’organica, organizzata repressione della democrazia”. E ha aggiunto: “In questi giorni alla firma del presidente al-Sisi c’è un provvedimento che limita gli spazi d’azione della società civile e anche dei cooperanti internazionali”.

Diventa quindi sempre più difficile aiutare le centinaia di persone che si trovano in difficoltà. Tra queste ci sono anche i lavoratori, quelli che hanno cercato di lottare per i diritti di tutti. Sindacalisti, come Farouq as-Sayed, operaio dei cantieri navali di Alessandria. La sua storia è stata raccontata dal segretario generale della Fillea Cgil di Brescia Ibrahima Niane. Farouq è uno dei 26 lavoratori arrestati a maggio 2016, dopo un’agitazione sindacale, con l’accusa di istigazione allo sciopero. Sono tuttora in attesa di giudizio. È andata meno peggio, ma comunque male, ai 1700 colleghi sospesi dal lavoro senza giustificazione. È bene ricordare, come ha fatto questa mattina l’avvocato Massimo Audisio, che la Corte Europea dei diritti dell’uomo riceve ogni giorno ricorsi su questioni del lavoro, dalla limitazione delle libertà sindacali ai licenziamenti, dalla previdenza alle retribuzioni. Altri casi di violazioni di diritti umani raccontati oggi sono quelli di Ismail Alexandrani, giornalista, autore di articoli sulle fasce sociali emarginate, in carcere con l’accusa infondata di aver pubblicato notizie false e di appartenere ai Fratelli Musulmani. È in carcere anche Moshagheb, leader ultras e fondatore del movimento islamico rivoluzionario, fautore di mobilitazioni sociali. Omar Mohamed Ali, studente, aveva partecipato alle proteste contro il presidente Morsi, ora è condannato all’ergastolo.

E poi c’è Giulio Regeni. È trascorso un anno dalla sua morte. “Non accetteremo mai una verità di comodo – ha detto Riccardo Noury di Amnesty International -. Il 25 gennaio a Roma, ad un anno dalla scomparsa di Giulio, faremo una grande manifestazione. 365 persone indosseranno cartelli numerati. E’ il numero dei giorni in cui non abbiamo ancora ottenuto la verità”.

“Speriamo che i depistaggi siano finiti, ma non abbassiamo la guardia – ha detto, in conclusione dell’iniziativa, l’avvocata della famiglia Regeni Alessandra Ballerini -. Ci siamo difesi grazie al sostegno e alla solidarietà di tutti e grazie all’attenzione dei media. Giulio è la persona più bella che non abbiamo mai conosciuto. Le sue email e chat erano piene di richieste di consigli da parte degli amici. Il suo corpo oltraggiato ha fatto emergere le torture di cui avete sentito parlare e quelle di cui non avete sentito parlare. Il nostro percorso è ancora lungo. Oggi avete ascoltato storie che hanno un unico comun denominatore: i diritti sono inalienabili e indivisibili. La magia dei diritti umani è questa: quando difendi quelli di una persona, difendi quelli di tutti. A Pozzallo, a Lampedusa, sbarcano persone che scappano dall’Egitto, che hanno alle spalle le stesse storie che abbiamo ascoltato oggi. Non lasciamoli soli. Non lasciateci soli. Non solo per Regeni, ma per tutti i Giulio del mondo”.