Le pietre di inciampo di Birkenau e il violino della Shoah
Una testimonianza di Carlo Alberto Carutti
Il viaggio “In Treno per la Memoria” ha visto quest’anno la presenza di un ospite speciale: il Violino della Shoah, appartenuto a Eva Maria Levy, musicista dell’orchestra del campo di concentramento di Birkenau.
Di lei si è persa ogni traccia. Il violino è stato riportato in Italia da Enzo, fratello di Eva, sopravvissuto al campo di sterminio di Monowitz. Alcuni anni dopo il suo rientro in Italia, Enzo si è suicidato.
Il violino della sorella è stato ritrovato nella bottega di un rigattiere da Carlo Alberto Carutti, che lo ha donato alla Città di Cremona.
Carutti stesso ha partecipato al viaggio organizzato dal Comitato In Treno per la Memoria, assieme alla musicista Alessandra Romano, che al termine della commemorazione al campo di concentramento di Birkenau, ha suonato la musica di Schindler’s List col violino appartenuto a Eva.
Pubblichiamo di seguito uno scritto di Carutti, inviatoci al ritorno dal viaggio e pubblicato anche sul quotidiano La Provincia di Cremona:
Non si può tornare da un viaggio della memoria, dai campi di Auschwitz e Birkenau, assieme a quasi 600 giovani che hanno dato la loro preferenza a questo viaggio piuttosto che a una bella sciata al tepore di un sole di marzo, senza conservare il ricordo di una emozione, anzi di una commozione condivisa con loro, così grande come non avevo provato nella mia lunga vita.
Sono venuto per cercare, qui a Birkenau, dove le betulle sono ancora lì a testimoniare dove questo violino aveva suonato, per vedere almeno una baracca, magari quella delle musiciste, alle quali qualche riguardo era riservato (diciamo potersi lavare); ma no, non c’era più niente. Solo il segno dove le baracche di legno erano installate, lo stesso per le camere a gas, per i forni, per i crematori: solo un laghetto che nascondeva qualche cosa che non poteva più riaffiorare.
La nostra marcia durò molte ore: il GPS della guida aveva misurato ca. 9 km.
Ma su quali sentieri, su quali strade di terra battuta il nostro piede si era appoggiato? Il più delle strade di terra battuta ormai pietrificata nel tempo erano fatte da frammenti di pietra che sporgevano dal fondo come chiodi, come lame e impedivano un passo regolare: bisognava centrare col piede dove queste punte davano un po’ di spazio vuoto per l’appoggio: si, avevo capito, erano le pietre d’inciampo fatte per rallentare il passo, perché non le si colpisse, erano lì per ricordare i milioni di ebrei che avevano percorso quel cammino fino ad arrivare alla porta della Shoah, al di la della quale, là loro voce, il loro lamento, la loro preghiera si sarebbe spenta per sempre.
Alla fine del nostro lungo cammino, dove la strada di pietre d’inciampo diventa sentiero e si unisce alla schiera delle lapidi del memoriale, dove tutti i paesi del mondo hanno la propria per ricordare le proprie vittime, un silenzio profondo aveva preso il posto delle voci piene di vita di questa moltitudine di giovani: era il silenzio della natura, del bosco di betulle che da dietro ci circondava. Il silenzio era religioso, pieno di tensione e di attesa del suono di questo violino che era tornato fin qui per far sentire la sua voce, miracolosamente rinata.
C.A. Carutti 26 marzo 2017