Industria 4.0: opportunità e rischi

in UFFICIO STAMPA

“Pensiamo a un’innovazione che riduca e non aumenti le disuguaglianze, che migliori la qualità del lavoro e della sicurezza nel lavoro”. Così Rosalba Cicero, segretario generale Filctem Cgil Lombardia, al convegno organizzato dalla categoria sull’industria 4.0.

“Per quanto riguarda gli investimenti, il chimico-farmaceutico e le multiutility hanno già elementi di innovazione (col big-data, la tecnologia di simulazione e l’utilizzo di materiali nano strutturati), e ci sono grandi aziende della gomma e plastica e del tessile abbigliamento che hanno investito in prodotti di qualità e in integrazione di processo, ma in generale c’è ancora una forte arretratezza di innovazione, in un tessuto produttivo di piccole e medie imprese”.

“Tuttavia – ha proseguito Cicero – se c’è una regione in Italia che ha molte opportunità questa è proprio la Lombardia, per la presenza di università e centri di ricerca di alto livello, per il polo tecnico scientifico che sorgerà sull’area Expo in cui impresa, università, istituzioni e centri di ricerca lavoreranno insieme a progetti condivisi, e per il previsto centro mondiale di ricerca e mappatura genomica”.

“Per questo vediamo come fatto positivo che l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) trovi a Milano la sua collocazione. Il Piano Nazionale Industria 4.0 del Governo prevede la collaborazione di governo, imprese, associazioni produttive, sistema formativo, sindacato con l’obiettivo, ancora lontano, di fare sistema. In questi anni non sono mancati finanziamenti alle imprese, ma i risultati non sono stati all’altezza ed è mancata una riforma fiscale equa che aiutasse a rilanciare investimenti e consumi”.

“Gli incentivi non bastano, servono interventi mirati, le istituzioni devono adoperarsi per favorire più accesso al credito per finanziare piani concreti di innovazione. E la sostenibilità va individuata come veicolo di sviluppo e come scelta vincente sia sul piano valoriale che economico. Ma sostenere l’industria 4.0 è nel nostro interesse anche perché la battaglia sui diritti universali nel lavoro può trovare terreno fertile. Un approccio positivo non nasconde tuttavia le criticità legate soprattutto all’occupazione”.

A questa domanda ha tentato di dare risposta la ricerca di Ares 2.0 illustrata da Clemente Tartaglione. “Qualcuno parla di una perdita dal 30% al 35% degli attuali occupati; il Forum Economico Mondiale afferma che entro il 2020 nei 15 paesi oggetto della ricerca (il 65% della forza di lavoro mondiale), i posti di lavoro che perderemo saranno oltre cinque milioni, ma tutti concordano nel sostenere che nasceranno altri lavori a competenze elevate. Il 65% dei bambini che inizia ora a studiare, farà un lavoro che oggi non esiste”.

“E comunque – ha chiarito Rosalba Cicero – la ricetta non sta nel reddito di cittadinanza, che vuol dire rinunciare a creare lavoro e ad avere un progetto per il paese, per i giovani. Il piano di sostegno all’innovazione va perciò accompagnato ad un piano del lavoro (così come proposto dalla Cgil), basato su sostenibilità, difesa del territorio, rilancio del manifatturiero, politica energetica e infrastrutturale. Qui sta anche la nostra critica all’ultima legge di bilancio, perché molto debole sulle risorse da destinare alla creazione di posti di  lavoro. Il sindacato tutto non potrà limitarsi a dare il suo sostegno a industria 4.0, ma dovrà cercare risposte al disagio sociale dovuto alla mancanza di lavoro, a redditi insufficienti , alla precarietà diffusa”.

“La risposta – ha suggerito il segretario dei chimici lombardi della Cgil – sta in un’azione sinergica e di sistema, unitaria, di politiche per una buona occupazione, ma soprattutto in una contrattazione inclusiva e d’anticipo. E per governare questa nuova rivoluzione industriale occorre che insieme, noi e le associazioni d’impresa, si sia protagonisti di una nuova stagione culturale nelle relazioni industriali, perché abbiano ambizioni più alte rispetto alla gestione del sistema di informazioni, della bilateralità o della contrattazione sul welfare o all’aumento dei minimi”.

“Noi i cambiamenti derivanti dalla quarta rivoluzione industriale vogliamo governarli non subirli. Questa è la sfida per la prossima stagione contrattuale che non riguarda solo il luogo di lavoro, ma anche le filiere, il  territorio. Occorre promuovere un partecipazione dei lavoratori sulle scelte organizzative dell’impresa, e introdurre qualche elemento di co-determinazione perché l’innovazione sia al servizio dell’uomo e dei suoi bisogni e non il contrario”.

“E occorre fare sistema per sostenere progetti di innovazione per rilanciare il manifatturiero su un modello di impresa che è di piccole e medie dimensioni, come sta provando a fare la Regione Lombardia. Fare innovazione di filiera, con protocolli sulla responsabilità sociale ed etica della grandi aziende rispetto a tutta la filiera, garantire un welfare universale e politiche attive, rafforzare la normativa ed estendere alcuni strumenti contrattuali inseriti nei contratti del chimico o dell’elettrico sul ponte generazionale, ripensare allo strumento dell’orario di lavoro”.

Ci vogliono politiche di accompagnamento che siano efficaci e inclusive sulla formazione, con un’azione convergente sull’innalzamento delle competenze, che oggi sono inadeguate a rispondere al livello di innovazione. Non dobbiamo rassegnarci all’idea che industria 4.0 riguardi solo una fascia di persone più preparate, mentre per molti altri si immagina solo un po’ di assistenzialismo, o peggio la ghettizzazione nei settori dei servizi a bassa qualificazione e retribuzione.

“Di fronte a un’innovazione veloce, la chiave sta nella formazione permanente e certificata, sulla quale come categoria nella contrattazione abbiamo fatto molti passi in avanti in questi anni, soprattutto sul chimico-farmaceutico con l’inserimento nei contratti nazionali di un pacchetto di ore di formazione obbligatoria, congiunta. Ma molto resta da fare, perché ci sono ancora settori aziendali che, sbagliando, vedono la formazione come un costo e non un investimento. Le sfide sul futuro si possono vincere se alziamo il livello della consapevolezza del cambiamento e delle conoscenze. E l’acquisizione di nuove competenze va premiata, riconosciuta, per questo occorre ripensare le griglie dei livelli di inquadramento, i profili professionali che sono rimasti fermi ormai da troppo anni”.

“E’ poi fondamentale definire regole nella contrattazione che trovino il giusto equilibrio, coniugando tempi di vita con tempi di lavoro. Ma c’è un altro tema centrale che è quello della democrazia: non tutta la contrattazione potrà svolgersi nei luoghi di lavoro, ma in parte sarà legata alle persone, al territorio, e il livello di relazioni sindacali dovrà essere all’altezza della portata del cambiamento. A tutto il sindacato, unitariamente, spetta il compito di aiutare a costruire un progetto di comunità per dare un senso di appartenenza attraverso il lavoro, un lavoro regolato con diritti universali, che devono essere in capo alle persone, indipendentemente dal luogo di lavoro. Da qui il valore, anche di modernità del progetto della Cgil di una Carta dei diritti che dia dignità e valore a tutti i lavoratori”.

Il professor Luciano Pero, docente del Politecnico di Milano ha sottolineato come l’Italia, rispetto ad altri paesi europei, si sia difesa male dalla crisi. Una parte del nostro sistema produttivo è vecchio e sta spegnendosi come una candela. Il sindacato si trova di fronte un mondo spaccato, quello innovativo e quello decrepito, ed è con questa realtà che bisogna fare i conti, con una grande attenzione alla conoscenza degli aspetti tecnici.

Paola Negroni, dirigente di Regione Lombardia, ha parlato della legge regionale e della strategia dell’amministrazione che, ha detto, prescinde, nel sostegno alle aziende che innovano, dalle loro dimensioni. Ha poi sottolineato l’importanza della formazione, oggetto di un focus particolare. Trecento milioni di fondi europei sono a disposizione delle PMI e della competitività del sistema produttivo lombardo. Misure ad hoc sono previste dalla Regione per l’accesso al credito, con la novità di risorse molto significative erogate attraverso prestiti agevolati, garanzie della Regione e prestiti a fondo perduto finalizzati all’innovazione, con una valorizzazione delle filiere.

Elena Lattuada, segretario generale della CGIL Lombardia, ha sottolineato come parlare oggi di Industria 4.0 ha il pregio di far riemergere questo termine, industria, nel dibattito, e forse anche il concetto che c’è un binomio tra impresa e lavoro.

“Un binomio che va ribadito – ha sottolineato Lattuada – perché spesso, quando si parla di Industria 4.0, si dimentica, quasi che questi processi lo mettessero in discussione. Nel corso degli anni della crisi si è prodotto un deserto produttivo e occupazionale con cui bisogna fare i conti, che ha approfondito diseguaglianze e creato nuove povertà. C’è poi l’elemento della differenza tra le tipologie di aziende, e la necessità di riconnettere il territorio nazionale re-industrializzando”.

“La sfida è provare a traguardare anche le fasi difficili con coraggio, dunque alla Regione diciamo che va bene sostenere con investimenti pubblici il sistema delle imprese, ma si pone il problema del controllo e del governo del rapporto tra investimenti pubblici ed esito di tali investimenti, un esito che sia ovviamente diverso dalla delocalizzazione e segni davvero processi di crescita. E di esempi anche nel nostro territorio ce ne sono, come sa bene la Filctem”.

“Sarebbero necessarie politiche industriali capaci di tenere insieme il complesso sistema produttivo lombardo, ha concluso Elena Lattuada, che ha sottolineato l’importanza del tema della formazione e di quello degli orari di lavoro da usare come leva nella contrattazione proprio rispetto ai processi di innovazione, con l’obiettivo di scongiurare nuove diseguaglianze e dare valore al lavoro e alle persone”.

Vittorio Maglia, economista di Federchimica, ha illustrato la sua analisi della globalizzazione che “è stata motore di crescita e ha ridotto la disuguaglianza tra paesi, ma ha aumentato la disuguaglianza interna ai paesi avanzati con disoccupazione e crisi della classe media.  Al di là del populismo la globalizzazione è un valore forte che dobbiamo portarci dietro nell’innovazione. L’industria chimica è un settore adatto ad un paese avanzato, e in Italia la chimica ha come riferimento la sostenibilità: economica, sociale, ambientale”.

Le conclusioni sono state affidate al segretario generale Filctem Cgil nazionale, Emilio Micieli.  “È l’industria 4.0, – ha detto Micieli – da un lato i robot dall’altro le informazioni che guardano sempre più alle questioni private e intime delle persone, come i dati sanitari e clinici, creando una dimensione senza limiti. Così l’impresa avrà un potere “sovrannaturale” nel nostro paese tale da far impallidire le schedature dei regimi, non è compressione dei diritti ma perdita delle libertà”.

“La Germania ha immaginato lo sviluppo di questa fase costruendo reti, investendo nella ricerca e nella formazione; insomma, ha puntato sulla società – ha proseguito il leader sindacale -. La visione del ministro Calenda è, invece, quella di concentrare gli investimenti tutti a sostegno delle aziende, è secondo me sbagliato. Per progettare lo sviluppo, per sostenere la formazione e creare lavoro è fondamentale un confronto con i sindacati”.

“Sono convinto pure che se questo Paese vuole fare un passo in avanti – ha concluso Miceli – lo deve fare trovando uno spazio con una sua co-determinazione, e non è casuale questa parola, perché non posso immaginare il binomio capitale-lavoro con quest’ultimo che viene a sparire in virtù della robotizzazione. In tal senso il tema della produttività è centrale, perché se stiamo alle simulazioni la produttività sarà gigantesca e dovrà essere indirizzata. È necessario quindi ragionare come l’impresa possa spostare una parte di produttività nella società per costruire un sistema più equilibrato, non più una dimensione di sola fabbrica, perché un’idea tutta centrata nella fabbrica è ormai obsoleta”.

Qui il report realizzato da Ares 2.0 per Filctem Cgil Lombardia