Il contrasto alle mafie, a trent’anni dalla strage di Via Palestro

in Legalità, UFFICIO STAMPA

 

“All’improvviso il nostro collega urla alla radio che l’auto è esplosa. Ci chiamano. Andiamo”. È Angelo Re a raccontare della strage di Via Palestro, nel corso dell’incontro organizzato da CGIL e Funzione Pubblica della Lombardia e di Milano.

Vigile del fuoco oggi in pensione, Re era in servizio quando il 27 luglio 1993, davanti al Padiglione d’arte contemporanea di Milano in Via Palestro, esplose la bomba che uccise cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e il lavoratore ambulante Moussafir Driss.

“Ho visto molte persone decedute ma non è facile assistere alla morte violenta di colleghi e amici”, ha raccontato Re. “Ma perché ci hanno colpito? Noi abbiamo sempre lavorato per gli altri”.

Alle vittime della strage e ai dipendenti pubblici è stato dedicato il convegno organizzato dal sindacato confederale, perché un filo rosso lega la memoria a quello che oggi si può fare per contrastare le infiltrazioni mafiose. 

“E’ necessario riportare tutto all’oggi, ci sono temi che dobbiamo affrontare”, ha detto Alberto Motta, segretario generale Fp Cgil Milano, aprendo l’incontro. “Ci sono i soldi del Pnrr, tanti, che il ministro Fitto e la Presidente Meloni non sanno come spendere, ma le mafie sì. C’è una legge sugli appalti che non aiuta, né il progetto di legge sull’autonomia differenziata. Tutto questo ci costringe a fare attenzione e il sindacato è stato e sarà una sentinella di legalità“.

Esistono esempi virtuosi come quello del Comune di Milano, che si è dotato, come ha raccontato la presidente del consiglio comunale Elena Buscemi, del Comitato Antimafia e del Comitato per la legalità, la trasparenza e l’efficienza amministrativa. Ma il livello di rischio infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni è altissimo laddove non ci siano lavoratori e cittadini consapevoli.

Per Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, “i morti nella strage di Via Palestro sono persone che svolgevano il proprio dovere e dicono qualcosa a chi oggi lavora nel pubblico e ogni giorno compie il suo dovere come fecero loro”. Busia è intervenuto all’incontro ricordando quanto siano necessarie la prevenzione, la trasparenza e la controllabilità, “realizzando politiche pubbliche che partano da contratti rispettosi dei diritti del lavoro“.

Le mafie tengono sotto controllo le assunzioni. C’è un controllo continuo della forza lavoro in ogni settore”. Duro l’intervento del prof. Nando Dalla Chiesa, che ha sottolineato tutti i rischi degli appalti in particolare nella ristorazione e nei servizi di pulizia. E sulla strage al Pac di via Palestro ha ricordato: “Milano non capì cos’era accaduto. Non capimmo subito che era stata la mafia. Ci fu la volontà di atterrire il Paese facendo sapere che si poteva colpire tutto, anche la ricchezza dell’arte, ciò che rende l’Italia unica al mondo. Ma chi indicò quei bersagli?”.

Nelle pagine ancora oscure della nostra storia, il Paese ha saputo resistere. “Sul piano istituzionale e sociale possiamo contare su molte forze sane”, ha sottolineato Emilio Miceli, Cgil nazionale. “Negli anni delle stragi il Paese riuscì a tenere la barra dritta e fu anche grazie alla Cgil di Bruno Trentin”. “L’attuale governo ha deciso da subito di allentare tutti i bulloni con una serie di provvedimenti, tra cui l’affidamento privato negli appalti in base al quale non ci sarà per forza un rapporto tra chi vince la gara d’appalto e chi fa i lavori. Significa che la Pa potrebbe non sapere nemmeno a chi vengono affidati i lavori. Ma in questa fase pare essere una preoccupazione solo nostra, il contrasto alle infiltrazioni mafiose non è nell’agenda politica del governo”.