600 persone a Verona, all’iniziativa di Cgil Veneto, Cgil Lombardia e Cgil Emilia Romagna: “Autonomia differenziata, un progetto da fermare”
Verona, 6 giugno 2023 – Autonomia differenziata: per la Cgil è un progetto da fermare. Se approvato dal Parlamento, il ddl Calderoli metterà a rischio le condizioni di vita e di lavoro degli italiani. La soluzione non è un nuovo centralismo regionale, ma un vero federalismo che valorizzi il ruolo degli enti locali.
Cgil Veneto, Cgil Lombardia e Cgil Emilia Romagna ne hanno discusso oggi a Verona insieme a iscritti e delegati e al segretario generale della Cgil Maurizio Landini.
Alessandro Pagano, segretario generale Cgil Lombardia, ha sottolineato: “L’iniziativa che abbiamo organizzato oggi è importantissima per rafforzare il messaggio che come Cgil, in grande solitudine, portiamo avanti da anni in Lombardia e nel paese. Abbiamo intenzione di continuare a contrastare qualsiasi progetto che determini la crescita delle diseguaglianze e dell’ingiustizia sociale. La proposta di Autonomia non solo è emblematica di questo tipo di scelta politica ma addirittura investe sulla disgregazione dell’universalità dei diritti: salute, istruzione, occupazione e reddito, mobilità, casa. Coinvolgeremo la società reale in una battaglia fondamentale per la coesione del Paese e di tutte coloro che in esso vivono, a partire proprio dall’applicazione reale delle prerogative garantite a tutte e tutti dalla Costituzione repubblicana antifascista”.
Per Massimo Bussandri, segretario generale Cgil Emilia Romagna, siamo di fronte a “una riforma che, letta in combinazione con il disegno presidenzialista o di premierato forte, rappresenta il più clamoroso tentativo messo in atto da un Governo dal Dopoguerra ad oggi di affossare la Costituzione repubblicana e i suoi principi fondativi. L’Autonomia differenziata rompe innanzitutto la coesione geografica e sociale del Paese ma, diversamente da quel che fa credere una narrazione fin troppo diffusa, non è tanto la secessione mascherata delle regioni del Nord dove si concentrano i più elevati livelli di reddito medio, è piuttosto la secessione civile e fiscale dei ricchi di quelle regioni, che allargherà le disuguaglianze anche in Emilia – Romagna, in Veneto o in Lombardia e nulla di buono porterà ai lavoratori e ai pensionati che noi rappresentiamo. Perché l’effetto ultimo di quel progetto sarà lo smantellamento del perimetro pubblico del Paese, a partire da scuola e sanità, che non potranno reggere alle pressioni del mercato una volta che, a livello nazionale, si è rotto il principio solidaristico e universalistico. Mai come in questo caso, una riforma istituzionale nasconde in realtà una riforma sociale regressiva”.