8 marzo: a che punto siamo in Lombardia?

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7 marzo 2024 –  Angela Mondellini, Segretaria Cgil Lombardia

 

Molte donne protestano, giustamente, perché delle disparità di genere si parla solo in alcune occasioni e poi si dimentica il tema per i restanti mesi dell’anno.

Anche per chi come la CGIL lotta 365 giorni l’anno per l’eliminazione delle discriminazioni di genere, l’8 marzo rimane una data simbolica da celebrare. L’8 marzo è una occasione di attenzione pubblica, che ci aiuta a parlare della lotta alle discriminazioni e della costruzione di politiche di genere efficaci e durature. Per sviluppare una linea di intervento è necessario fare ancora un punto della situazione in Lombardia.

 

Per questo possiamo analizzare alcune criticità messe in luce dall’indagine regionale sull’occupazione maschile e femminile di Regione Lombardia. L’indagine raccoglie i dati dei questionari compilati dalle aziende lombarde con più di 50 addetti.

L’analisi nelle imprese lombarde con oltre 50 dipendenti mette in evidenza alcuni fenomeni, come la segregazione settoriale dell’occupazione femminile. Le donne hanno minore presenza nelle qualifiche professionali più elevate e redditizie. Le donne hanno tipologie contrattuali meno stabili e il salario è inferiore a quello dei colleghi maschi.  Siamo ancora decisamente distanti da un reale equilibrio di condizioni tra lavoratrici e lavoratori.

 

Il personale dipendente delle imprese lombarde sopra i 50 dipendenti è aumentato nel corso del 2021 del 5,8%, in modo più marcato per la componente femminile, con differenze territoriali precise.

Registriamo un aumento femminile maggiore nelle province di Monza e Brianza, e Milano, rispettivamente dell’8,2% e del 7,3%, mentre questa tendenza è stata più lieve nelle province di Varese e Como. La situazione più equilibrata si osserva a Mantova, mentre i lavoratori aumentano più delle lavoratrici a Como, Lecco e Varese.

 

I contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano l’87,5% del totale; i contratti a tempo determinato rappresentano il 10,1%, il 2,1% sono rapporti di lavoro di apprendistato.

Le lavoratrici costituiscono il 44% delle risorse umane. Tra i contratti a tempo determinato la presenza femminile è del 50,7%. Il part-time nelle imprese lombarde con più di 50 addetti occupa il 19,3% del totale dei contratti. Il l 33,1% sono donne, 8,2%uomini. L’orario di lavoro part-time è più diffuso tra i contratti a tempo determinato (38,2%).

 

Nel corso del 2021, il numero delle trasformazioni da contratto a tempo determinato a contratto a tempo indeterminato si attesta intorno alle 50.000 unità. Il 44,6 % è la percentuale di donne che è stata soggetta a trasformazioni.

Sono poco più di 29 mila i soggetti che passano da una attività di lavoro a tempo parziale ad una attività a tempo pieno, cambiamento che ha interessato soprattutto le donne (65%). Il 72,1% sono le donne che passano da tempo pieno a part time (quasi 21 mila passaggi).

 

I dati raccolti con la compilazione del questionario regionale hanno messo in evidenza che il ricorso ai contratti di somministrazione riguarda più di 87 mila dipendenti (il 4,3% del totale) con una quota pari al 41,5% di lavoratrici. Il 54,6% dei somministrati sono impiegati nel settore terziario, con una prevalenza di presenza femminile.

Nel 2021 gli uomini lavorano un numero maggiore di ore rispetto alle donne, con una media settimanale pro-capite di 50 ore contro le 28 ore delle donne.

Nell’80% le imprese dichiarano che per le progressioni di carriera del personale si utilizza la valutazione delle performance e, meno frequente, la formazione specifica (49,1%) e l’anzianità di servizio (47,6%).

 

Secondo il rapporto sono un milione e 150 mila gli occupati che nel 2021 hanno partecipato a corsi di formazione, e il 42,6% di essi sono donne. Ad ogni lavoratrice sono state dedicate in media 23 ore di formazione l’anno, mentre ad un lavoratore sono state dedicate mediamente 27 ore. La categoria nella quale le aziende investono meno in formazione è quella degli operai (20 ore medie annue per un lavoratore e appena 13 per una lavoratrice). È ancora tra le donne che i tempi dedicati allo sviluppo delle competenze è più misurato: il picco negativo sia ha tra le donne operaie nei servizi (12 ore annue), mentre il personale che viene maggiormente formato è quello maschile (37 ore annue).

 

Per dipendenti, uomini e donne, nelle aziende con più di 50 dipendenti la retribuzione lorda media è di 31.344 euro annui: per gli uomini 33.135 euro e per le donne 28.234 euro. Il divario salariale tra uomini e donne risulta essere del 14,8% per le aziende lombarde di questa dimensione.

I divari salariali più bassi (14,2%) si attestano nelle imprese tra i 50-100 dipendenti, Il differenziale retributivo più alto si ritrova per le imprese oltre i 500 dipendenti (17,9%). I divari salariali più ampi si ritrovano nelle province di Lecco e Cremona (rispettivamente 18,3% e 17,2%). Il 49,2% dei posti di lavoro persi a seguito della pandemia riguardano le donne.

 

In coincidenza con la maternità abbiamo una diminuzione dei tassi di partecipazione e all’occupazione. Un passaggio cruciale si attesta tra il primo e il secondo figlio. Le lavoratrici madri lasciano prevalentemente il lavoro per problemi legati al carico di cura che determina difficoltà di conciliare il lavoro (il 61,1% del totale delle motivazioni fornite dalle donne), mentre la ragione principale dei neo-padri alle dimissioni è il passaggio ad un’altra azienda (83,2%).

Le difficoltà di conciliare tempi di vita e di lavoro sono legate alla mancanza di disponibilità di servizi di cura (29%), a ragioni di carattere organizzativo riferite al proprio contesto lavorativo (17%). Per gli uomini il carico di cura nelle motivazioni di dimissioni è il 6,1%.

 

Da questi dati forniti dal rapporto biennale regionale emergono ancora forti preoccupazioni. Le donne ancora partecipano al mondo del lavoro in maniera più precaria, con una condizione di part time involontario molto diffusa. Accedono alla formazione in misura minore, accedono alle professioni meglio remunerate in misura minore.

Sulle donne ricade ancora grande parte del lavoro di cura. Questo rende difficile conciliare tempi di vita e tempi di lavoro. Fare figli, soprattutto più di uno, è motivo di rinuncia al lavoro.

 

La Cgil ha elaborato una sua piattaforma rivendicativa sui temi di contrasto alla violenza e per la parità di genere (si può consultare qui). Sull’attuazione della piattaforma BelleCiao tutta la CGIL è impegnata da tempo, attraverso azioni di negoziazione a tutti i livelli.

Il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita delle donne passa attraverso la lotta per i diritti: diritto all’autodeterminazione, al lavoro, alla formazione, alla libertà di espressione, e non solo.

Per l’affermazione dei nostri diritti, lottiamo tutto l’anno.

 

Qui tutte le iniziative organizzate in Lombardia: