Poste Italiane non deve essere ricchezza per pochi, ma risorsa per tutti

in UFFICIO STAMPA

La Cgil, le istituzioni e Federconsumatori rilanciano il ruolo sociale dell’azienda

Poste Italiane: ricchezza per pochi o risorsa per il paese? Su questo interrogativo hanno dialogato, in un convegno organizzato ieri da Slc e Cgil Lombardia, il sindacato, le forze politiche e Federconsumatori: tutte concordi sulla funzione sociale svolta da una delle più importanti e strategiche aziende del nostro paese, che rischia di perdere la sua specificità.

“Poste ha una particolarità: svolge un ruolo sociale, per questo è in capo allo Stato. Gli uffici postali sono dappertutto, nelle valli, nelle zone montane, nei piccoli paesi dove magari la maggior parte degli abitanti sono anziani”.

A dirlo Pierluigi Daccò, Slc Cgil Lombardia. La privatizzazione è stata scongiurata da tutti i presenti. Si teme che porti alla fine dell’azienda così come la conosciamo.

“La maggior parte dell’attività di Poste Italiane sta in campo finanziario e assicurativo – ha spiegato Daccò -. Il ricavato dalla corrispondenza è del 20%. Il rischio è che un’azienda privata, che opera per il profitto, decida di dismettere un servizio in perdita”.

Il governo però è intenzionato a vendere un ulteriore 30% di quote. “Ma non esiste nessun atto ufficiale sulla privatizzazione, leggeremo nel Def se verrà o meno rilanciata questa ipotesi”. A dirlo Franco Bordo, deputato Mdp e membro della Commissione Trasporti, Poste, Tlc alla Camera.

Mdp e alcuni membri del Pd, tra cui la deputata Chiara Scuvera, hanno presentato diverse interpellanze contro la dismissione dell’azienda. “Serve piuttosto un piano industriale più attento, che intercetti i mercati esistenti – ha detto ancora Bordo -. È impensabile che lo Stato non abbia un controllo forte sul sistema delle comunicazioni”.

Contro la privatizzazione, nettissimo il giudizio di Federconsumatori, nelle parole del presidente nazionale Rosario Trefiletti: “È inammissibile”.

Nel frattempo i vertici dell’azienda stanno per essere sostituiti. Quale bilancio sulla gestione dell’ad Francesco Caio? Per Daccò “deludente”. “Si pensava avesse portato modernizzazione, ma niente. Ha parlato di 8mila assunzioni e ce ne sono state forse la metà”.

L’azienda ha sempre avuto profitti e utili notevoli, eppure negli uffici manca il personale, gli strumenti sono inadeguati (auto vecchie, palmari senza batteria, solo per fare alcuni esempi).

La riorganizzazione del recapito a giorni alterni, che in Lombardia ha interessato le province di Pavia, Bergamo, Como, Lecco, Sondrio, Varese, Cremona, Brescia, ha mostrato tutti i suoi punti deboli, con grossi problemi organizzativi per i lavoratori e il peggioramento della qualità del servizio ai cittadini. La Cgil non aveva firmato l’accordo sulla sperimentazione.

E ancora: alcuni uffici postali sono stati chiusi. Se non fosse stato per l’opposizione del sindacato, e delle amministrazioni locali, altri sportelli sarebbero saltati.

“Quello che è avvenuto è stato drammatico, la sperimentazione non funziona”. A dirlo Roberto Scanagatti, presidente Anci Lombardia. Tutti i comuni hanno protestato contro le chiusure, che hanno “impoverito i territori”. Su richiesta delle amministrazioni locali è stato aperto un tavolo di confronto con Regione Lombardia per monitorare la situazione.

Anche la deputata Pd Chiara Scuvera ha parlato di “servizi smantellati” oltre che di “disagio per i lavoratori”.

Con la riorganizzazione i costi non sono stati ridotti. Il personale continua a mancare, mentre abbondano i contratti a termine, un migliaio nella sola Lombardia. Allargando un bacino di precariato già di per sé ampio.

Eppure, come sostenuto da Massimo Balzarini, Cgil Lombardia, “parliamo di un grosso gruppo che potrebbe fare buona occupazione e rilanciare davvero il servizio, con un piano industriale ad hoc”.

Gli uffici chiudono perché non ci sono abbastanza dipendenti, non esiste turnover, l’età media è alta, i lavoratori si spostano da un ufficio all’altro per coprire i buchi, abbondano gli straordinari.

Su tutti questi temi è stato fatto uno sciopero generale regionale il 28 maggio 2016. Contro la privatizzazione tutto i lavoratori di Poste Italiane hanno scioperato il 4 novembre.

Nicola Di Ceglie, Slc Cgil nazionale, ha annunciato una giornata di sensibilizzazione dei cittadini.