Pensioni, Ecco cosa può cambiare. Intervista a Valentina Cappelletti

in Intervista

Il Giorno, 30 novembre 2016

L’intervento di Valentina Cappelletti, segreteria CGIL Lombardia 

Pensioni, ecco cosa può cambiare

Il Verbale d’intesa firmato il 28 settembre è una sintesi dello stato del confronto fra Governo, Cgil Cisl e Uil in materia di previdenza. Si è riaperta la possibilità per il sindacato di discutere di pensioni, quasi cinque anni dopo l’impopolare riforma Monti-Fornero e dopo la presentazione da parte dei sindacati di un insieme di richieste tese a modificarne gli aspetti più rigidi e ingiusti. Nei prossimi tre anni verranno reimmessi nel sistema previdenziale pubblico 7 miliardi di euro, in controtendenza rispetto a una riforma che ha sottratto notevoli risorse alle pensioni per destinarle alla riduzione del debito. Alcune misure, incluse nella Legge di Bilancio in discussione, saranno già operative dal 2017.

Per chi è già in pensione, si prevede l’aumento dei trattamenti pensionistici di importo basso e l’estensione a un numero più ampio di beneficiari e l’equiparazione della no tax area a quella dei lavoratori dipendenti con un conseguente aumento delle detrazioni di imposta.

Per chi andrà in pensione in futuro, invece, viene cancellata la penalizzazione prevista per chi andrà in pensione anticipata (solo requisiti contributivi) prima dei 62 anni di età, si rende gratuito il cumulo dei periodi contributivi maturati in diverse gestioni previdenziali; si prevede che alcune categorie di lavoratori precoci (disoccupati senza ammortizzatori sociali, lavoratori con disabilità almeno pari al 74% o addetti ad attività gravose) possano andare in pensione con il solo requisito di 41 anni di contributi e si elimina per i lavori usuranti l’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita a partire dal 2019. Nel testo c’è l’impegno a proseguire il confronto nel 2018 su misure strategiche per il futuro della previdenza pubblica e di tutti i giovani lavoratori con carriere discontinue: l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia e il rafforzamento della previdenza complementare.

Il sindacato non ha invece condiviso l’introduzione della cosiddetta APE, ma ha comunque lavorato per prevedere agevolazioni per alcune categorie socialmente più deboli.