Le norme sul welfare discriminano i migranti

in Migrazioni

Cgil e Inca Lombardia: “L’inclusione passa attraverso la parità di trattamento. I diritti non sono tali se non sono riconosciuti a tutti”

La legislazione sul welfare discrimina i cittadini stranieri? C’è una precisa volontà politica in questo? La risposta è sì.

E’ un tema di cui la Cgil lombarda si occupa tutti i giorni e su cui è stato costruito un seminario insieme all’Inca regionale. La confederazione e il suo patronato credono nella parità di trattamento come fondamento dell’inclusione. Oggi questa parità non esiste. E così vacilla il principio di universalità del sistema di welfare.

“La normativa sull’accesso alle prestazioni assistenziali – spiega Clemente Elia, ufficio migranti Cgil Lombardia – si presenta disomogenea e piena di contraddizioni e ha prodotto esclusione dall’accesso al welfare”.

“Spesso è stato necessario chiedere l’intervento della Corte Costituzionale e ricorrere al diritto comunitario perché venisse riequilibrata la situazione. Ancora oggi però, sono molti i casi in cui i cittadini stranieri non possono accedere a misure adottate per venire incontro ai bisogni di coloro che vivono maggiormente la povertà”.

Per i cittadini stranieri che non possono far valere la condizione di lungosoggiornanti, la soglia di sbarramento che impedisce di fruire anche del welfare locale è spesso rappresentato dal possesso del requisito capestro della “residenza protratta” all’interno di un territorio, in nome dello slogan “prima i nostri”.

Misure che escludono inevitabilmente anche gli autoctoni che si muovono per cercare un lavoro, per darsi nuove opportunità, per trovare una sistemazione minimamente confortevole, per diventare meno bisognosi:  non è per nulla vero che il “bisognoso mobile” sia meno bisognoso di chi può far valere una residenza storica in un determinato contesto. Chi invece  ha già un tenore di vita dignitoso tenderà naturalmente a una minore mobilità. Lo confermano alcune ricerche sociologiche realizzate sul tema che dimostrano che, in particolare nei contesti urbanizzati del nord, i soggetti più bisognosi sono le famiglie  giovani con elevata mobilità e quindi con una bassa anzianità di residenza nella medesima regione”.

“Le ragioni per cui le norme sono discriminatorie sono molteplici”, sostiene Mauro Paris dell’Inca Cgil Lombardia. “Una di queste è l’intenzione di selettività al fine di contenere la spesa sociale: si discrimina per spendere meno. Ma il legislatore fa anche una precisa scelta politica quando decide chi può accedere a un servizio e chi no. La produzione normativa è diventata schizofrenica, disordinata. Ulteriore disordine e disuguaglianza nascono dalle prestazioni di welfare territoriale: in alcuni Comuni lombardi osserviamo veri e propri comportamenti discriminatori, messi in atto prevalentemente da sindaci leghisti, che impongono costi più alti sulle prestazioni ai migranti”.

L’avvocato Alberto Guariso, legale Asgi, Inca Brescia, Inca Bergamo, ha posto nel corso del seminario regionale un esempio concreto:  “Il bonus bebè ed altre prestazioni assistenziali di recente introduzione non sono riconosciute ai migranti titolari del semplice permesso di soggiorno”. E ancora: “Ogni Comune fa da sé. La disomogeneità è in parte giustificata dalla somma di norme diverse a livello nazionale e comunitario. Da qui l’importantissimo compito del sindacato di fare ordine, in nome della certezza del diritto come patrimonio collettivo”.

Per il pieno raggiungimento della parificazione di trattamento dei migranti per l’accesso alle misure di welfare è necessario continuare sulla strada intrapresa da qualche anno a questa parte dalla Cgil e dall’Inca: quello del contenzioso giudiziario associato alla contrattazione politico-sociale a livello nazionale e locale.

“Possiamo vantare dei successi insieme al patronato – evidenzia Daniele Gazzoli, segretario della Cgil Lombardia -. A livello nazionale, come la vittoria del ricorso contro la tassa sul permesso di soggiorno, e a livello territoriale contro le discriminazioni operate dai Comuni. Ma dobbiamo essere in grado di eliminare la disuguaglianza all’origine, dentro la normale contrattazione, specie quella sociale, che facciamo ogni giorno”.

 

 

I tavoli di lavoro del workshop hanno prodotto alcune proposte. A breve le pubblicheremo sul nostro sito.

 

 

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