La Cgil Lombardia in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale

in Migrazioni, UFFICIO STAMPA

Il 21 marzo è La Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale istituita dalle Nazioni Unite nel 1966.

Razzismo e discriminazioni sono in crescita e stanno assumendo un carattere sempre più permanente, come dimostrano i recenti, numerosi episodi che hanno attraversato sia la scena lombarda che nazionale. Quella “etnico-razziale” rimane la forma di discriminazione più diffusa: la media è di cinque eventi discriminatori al giorno nei confronti di cittadini migranti. Si tratta di discriminazioni dirette e indirette, messe in atto spesso anche da attori istituzionali. Stereotipi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti, esclusione, linguaggio ostile e, ai livelli più gravi, discriminazioni e crimini di odio razziale: questa è la realtà, che spesso è molto diversa da come ci viene rappresentata.

Secondo i dati dell’VIII Rapporto Immigrazione e Sindacato elaborato dalla Fondazione Di Vittorio, non si può negare che l’immigrazione, negli ultimi quindici anni, abbia contribuito a contenere il declino demografico e occupazionale dell’Italia.

Un fenomeno “utile” ad un mercato del lavoro nel quale i lavoratori stranieri svolgono prevalentemente attività sottoqualificate in relazione alle competenze e al titolo di studio conseguito, oltre che fortemente precarie. Quasi il 70% delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri si concentra in dieci settori, soprattutto lavoro domestico e di cura, ristorazione, edilizia e agricoltura.

Il disagio occupazionale è riscontrabile anche rispetto ai livelli retributivi: lo stipendio dei lavoratori migranti è più basso di circa un quarto rispetto a quello degli altri lavoratori.

D’altra parte la Legge Bossi-Fini pone i migranti nella condizione di dover spesso accettare un lavoro qualsiasi per garantirsi il diritto a soggiornare regolarmente in Italia, e questo non aiuta a sottrarli dall’esposizione alla clandestinità e allo sfruttamento.

Di qui la necessità di agire per l’universalità dei diritti di tutti, con l’impegno costante ad impedire che le condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori migranti peggiorino, considerando anche che la marginalizzazione lavorativa e l’elevato rischio di sfruttamento di alcuni determina difficoltà sul lavoro per tutti. A chi conviene la contrapposizione tra lavoratori?

E’ in questo solco che si collocano la Carta dei diritti proposta dalla CGIL e le azioni giudiziarie e di dissuasione agite dalle strutture della CGIL – di cui molte in Lombardia – nei confronti delle discriminazioni registrate nell’accesso dei cittadini migranti alle misure di sicurezza sociale e ai diritti civili. La disuguaglianza nei diritti produce, nel senso comune, la percezione di chi non ha diritti come persona disuguale e inferiore, e ciò legittima la discriminazione nell’acceso ai diritti stessi. E’ innegabile invece l’esistenza di un nesso positivo tra uguaglianza di trattamento giuridico e inserimento sociale, tenendo presente che, come diceva il Cardinal Martin, “E’ difficile essere cittadini nella casa dei doveri, se si è esclusi dalla casa dei diritti”.